Uomini copertina a sorpresa, illustri sconosciuti capaci di regalare tre punti pesantissimi alle loro squadre, a volte la domenica pallonara ci consegna protagonisti di cui non conoscevamo nemmeno l’esistenza alla vigilia: ieri hanno ricevuto meritati complimenti e si sono tolti la soddisfazione di segnare il loro primo gol nel massimo campionato italiano il campano Massimo Coda, quasi 26enne di Passiano (frazione di Cava de’ Tirreni) in forza al Parma, e il moldavo Artur Ionita, classe ’90 di Chisinau, centrocampista volenteroso vera e propria intuizione del ds del Verona Sean Sogliano. Le loro storie hanno un minimo comune multiplo: la voglia di lottare per arrivare a poter dire la propria.
Massimo Coda non è propriamente un carneade principalmente per due motivi: i più attenti esperti di calcio se lo ricordano fare più che bene in terza serie con le maglie di Cremonese, Siracusa e San Marino, mentre l’anno passato rimpolpava la colonia italiana del Nova Gorica, squadra slovena succursale del Parma (allenata da Apolloni), segnando 18 gol (vice capocannoniere del campionato) e vincendo la coppa nazionale. In questa stagione pareva dovesse essere girato nuovamente in prestito in Serie B, poi la cessione di Amauri ha convinto Donadoni a puntare su di lui esordendo in massima serie contro il Cesena; scampoli di partita anche col Milan, ieri ha spaccato in due il match contro il Chievo.
Due assist per Cassano, quindi il secondo gol dei ducali, a fine partita ha ricevuto i pubblici complimenti di Donadoni:
“Coda ha fatto bene in Slovenia, quest’anno gli ho voluto dare una opportunità e mi ha fatto subito una buona impressione. Nel secondo tempo di oggi lui è stato uno di quelli che hanno messo in campo quella cattiveria che volevo vedere. In futuro potrebbe trovare più spazio anche a discapito di qualche altro giocatore, che pur avendo maggiore qualità deve capire che il calcio di oggi è fatica”.
L’attaccante cavese vede ripagati in una sola domenica anni di sacrifici sui campi cosiddetti minori:
“Finalmente, da tanto tempo aspettavo questo giorno. Dopo tanto girovagare ho trovato un allenatore che mi ha dato fiducia. Non è semplice entrare a partita in corso, ma ho cercato di farmi vedere dai compagni. Con un po’ di fiducia sapevo che avrei potuto far bene anche in Italia”.
Artur Ionita fu bloccato dall’Hellas Verona già a febbraio scorso: dopo tanti anni all’Aarau, inamovibile centrocampista della formazione svizzera prima in Serie B quindi nel massimo campionato, gli scaligeri decisero di acquistarlo a parametro zero ufficializzandolo tra l’indifferenza generale. Si è presentato ai nuovi tifosi quest’estate con l’etichetta di primo moldavo della storia della Serie A; subito si era capito che fosse un giocatore generoso: è cresciuto desiderando anche le cose più banali, il padre gli ha insegnato a non mollare, lui si è rimboccato sempre le maniche mettendosi a disposizione dei compagni.
In Svizzera ha imparato cinque lingue (ora nel parla sette, cioè russo, spagnolo, tedesco, inglese e italiano oltre al moldavo e al rumeno), fa da interprete nello spogliatoio veronese ai vari Marquez, Chanturia e Martic, ma soprattutto si allena duro ogni settimana; inevitabile che Mandorlini gli desse fiducia:
“E’ un ragazzo nuovo, può giocare in tutti i ruoli di centrocampo. Vedo come si allena, siamo stati fortunati ma lui è un ragazzo fantastico con grande qualità”.
Dopo il gol vittoria all’Olimpico di Torino contro i granata, ha deciso di conservarsi la maglia per regalarla al padre, ma nonostante i riflettori Ionita non si esalta:
“o ho pazienza, ho aspettato il mio momento, penso a lavorare tanto e a migliorarmi, perché il calcio italiano è difficile. Ho bisogno di tempo e di imparare”.
Ne sentiremo parlare, di entrambi.
“
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